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Domanda: Come fare a perdonare? Risposta: Perdonare è prima di tutto una scelta, una decisione che per quanto faticosa sia, ci porta ad essere liberi da quello che ci ha causato dolore. Presa questa decisione, inizia un percorso di guarigione dalla ferita che c’è, non scompare all’istante, ma che con il tempo necessario si rimargina. La cicatrice resta, possiamo anche ricordare il dolore, ma non ha più potere su di noi. Da ogni esperienza dolorosa per cui abbiamo scelto il perdono possiamo trarne forza e consapevolezza per crescere e per essere di aiuto, poi, a chi incrocia la nostra storia e può avere bisogno di sostegno. È una scelta perché ci troviamo di fronte a due strade: perdonare ed essere liberi di proseguire in pace la nostra vita o lasciarci avvinghiare dal dolore provato per vivere di rancore e di paura di soffrire ancora. La decisione è nostra e la forza la troviamo nella nostra capacità di guardare la situazione da una prospettiva più alta di quella emotiva, mettendoci dalla parte dell’amore incondizionato. Non è facile, sono la prima a dirlo, ma è possibile, anzi è necessario per il nostro benessere e a cascata per il benessere di chi ci sta accanto. Il perdono non è un atto che giustifica il male, ma è la chiave per un processo di guarigione interiore che ci fa uscire dalla gabbia dell’esperienza dolorosa o traumatica, che ci libera dal passato che è passato, che ci permette un’analisi più lucida della situazione e che ci consente, quando e dove è possibile, di ristabilire pace e armonia con chi ci ha ferito, per il bene nostro e degli altri. Lo stesso discorso vale quando è proprio noi stessi che decidiamo di perdonare. Il processo di guarigione che ne segue, ci permette di vedere l’errore, assumersene la responsabilità, avere compassione verso noi stessi, cogliere la lezione imparata e andare avanti. Ci tengo a puntualizzare una cosa: perdonare non significa affatto permettere all’altro di continuare a farci del male. Attenzione a non cadere in questa trappola. Ciò che va interrotto, va interrotto e bisogna prenderne le distanze. Poi comunque ci impegniamo in un percorso di perdono e guarigione, senza per questo accorciare le distanze quando questo può essere pericoloso. Perdonare non significa, per esempio, ricominciare a frequentare una persona “tossica”, passatemi il termine utile a capirci. Significa decidere di non odiare, di non provare rabbia, rancore, sete di vendetta che sono sentimenti da lasciar andare, da guarire per non essere incatenati a vita. |
Domanda: Perché Gesù si è fatto battezzare? Risposta: Il battesimo proposto da Giovanni il Battista, è un rito di immersione nell’acqua che ha il significato di voler lasciar andare tutto ciò che è l’uomo “vecchio” per rinascere uomo nuovo, pronto ad accogliere l’amore di Dio. Gesù ha deciso liberamente di vivere questa esperienza, insieme a tutti coloro che si presentavano al Giordano. Gesù è vero uomo e vero Dio. Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù di Nazareth era un uomo che ha vissuto con tutte le stesse dinamiche che viviamo noi, qui sta la sua immensa bellezza. Egli come tutti, aveva le sue necessità materiali, affettive, psicologiche e spirituali. Uomo che ad un certo punto della sua storia personale, nato e cresciuto ebreo, si è reso conto che al tempio e dai sacerdoti non trovava piena soddisfazione alla sua fame e sete di verità su Dio, non vedeva in loro una testimonianza credibile, lo dico in generale. Seguendo il suo desiderio interiore di vivere una vera esperienza di crescita, evolutiva, decide per il battesimo nel Giordano, che non va confuso con il rito cattolico del sacramento del battesimo. In questa immersione nell’acqua, Gesù ha avuto un battesimo, un’immersione nello Spirito di Dio, un’effusione dello Spirito attraverso il quale ha ricevuto una parola del Padre, che è stata il fondamento di tutta la sua esperienza terrena. Ha sentito in sé stesso l’amore totale del Padre e la sua voce dirgli: Tu sei mio figlio l’amato. Questa stessa affermazione è per ciascuno di noi, il Padre ci ama tutti allo stesso modo. Dopo questa esperienza, lo Spirito spinge Gesù nel deserto per 40 giorni, numero biblico che indica un’intera generazione, tutta la sua esistenza, per confrontarsi con sé stesso, lo spirito che è, con la sua materia, psiche, personalità, anima. Per confrontarsi con tutte le linee di forza che si muovono dentro di lui e fuori di lui, per discernere e scegliere chi vuole essere. Tutti siamo spirito in viaggio su questa terra dotati di corpo, mente, anima che fa da ponte tra la materia e lo spirito che siamo. Per Gesù è la stessa identica condizione. Il battesimo a cui Gesù ha aderito, è un’immersione nello Spirito che lo ha guidato fra le righe della sua storia sentendo profondamente l’amore del Padre. Nel deserto, nel suo spazio interiore, Gesù decide di non lasciarsi sedurre dal potere, dalla ricchezza, dalla fama, dal diventare re alla maniera del mondo, vivendo con e per amore, quello stesso amore sperimentato in quel battesimo e poi chissà quante altre volte. |
Domanda: Cosa posso fare per avvicinare marito e figli a Gesù? Risposta: Vivere e incarnare l’amore di Dio, indipendentemente dai limiti che naturalmente abbiamo. Nella misura in cui cerchiamo di dare amore, di essere disponibili al dialogo, alla gentilezza e al rispetto, capaci di riconoscere gli eventuali nostri errori e ci scusiamo quando li riconosciamo, stiamo testimoniando Gesù e il suo annuncio. Quando ci attiviamo per costruire con la nostra famiglia un rapporto fondato sull’aiuto reciproco, sull’ascolto, sulla gioia dello stare insieme, stiamo testimoniando in modo concreto e visibile l’amore di Gesù. Quando liberamente parliamo della bellezza dell’amore di Dio ma senza nessuna pretesa di essere ascoltati, semplicemente gettando semi di verità, con la fiducia che prima o poi porteranno il loro frutto, stiamo testimoniando Gesù. I nostri famigliari avranno modo di riflettere grazie al nostro comportamento, alla nostra ricerca e al nostro impegno di essere coerenti con quanto Gesù ci ha testimoniato per primo. Quando porranno delle domande, avrai l’occasione per parlare apertamente di Gesù e del suo messaggio. Se anche non arriveranno domande, la tua testimonianza personale sarà per loro un continuo spunto di riflessione e conoscenza, ben sapendo chi è Gesù per te. |
Domanda: Sono un eunuco. Cosa pensa di me il Padre? Risposta: Il Padre ti pensa come suo figlio, desiderato e amato. Il Padre ci ama tutti senza nessuna discriminazione di nessun genere e tipo. La testimonianza di questo amore libero, incondizionato, gratuito ed eterno, ci viene da Gesù che ci ha rivelato il vero volto del Padre andando ben oltre ciò che insegna la religione sterile, basata su norme che hanno la pretesa di abilitare l’uomo a stare alla presenza di Dio o ad esserne esclusi. Tutti e quando dico tutti intendo proprio tutti, siamo stati pensati ad immagine e somiglianza di Dio. Possiamo non esserne consapevoli o esserlo solo in parte, ma questo non cancella in nessun modo questa verità. La religione ebraica, ai tempi di Gesù, continuava a considerare i portatori di un limite fisico come gli eunuchi, i ciechi, gli zoppi, giusto degli esempi, esclusi dalla comunità del Signore e non potevano partecipare ai riti religiosi. Gesù non ha mai messo nessuna legge al di sopra dell’uomo e dei suoi bisogni, ha sempre accolto tutti senza preoccuparsi di cosa imponeva la religione e la tradizione. Gesù è testimonianza completa e compiuta dell’amore del Padre. Cosa pensa di te il Padre? Pensa tutto il buono e tutto il bello che sei, così come sei. Tu sei suo figlio e ti ama. |
Domanda: Ciao, vorrei sapere il significato della frase “Con la misura con la quale misurate, sarete misurati”? Risposta: Il versetto intero dice così: <Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio>. A me sembra un invito ad essere “capaci”, che non indica tanto il saper fare ma il fare spazio, uno spazio che si può riempire. Un vaso è capace, cioè può contenere. È come dire che la vita ti può dare tanto quanto sei capace di contenere. Ed è soprattutto un invito alla generosità, perché quando il tuo vaso viene svuotato nell’atto del dono è pronto per essere di nuovo riempito, e lo spazio che può essere riempito è esattamente quello che si è vuotato nel donare. Perché la vita risponde alla generosità con altrettanta generosità, forse in momenti e da persone o situazioni inaspettate, impreviste, ma lo fa. Il bene che compiamo con atti di generosità va’ in giro per il mondo e poi torna su di noi, carico di tutta l’energia buona che ha seminato; quella raccogliamo. |
Domanda: Ciao amici, vi seguo sempre, con voi ho capito che il diavolo non esiste, ma allora cosa serve la figura del diavolo, che sembra la soluzione di tutti i problemi, e molte volte la soluzione adottata dai preti? Risposta: Noi crediamo che non esista il diavolo come personificazione del male, come un dio nero, cattivo, simile a Dio nella potenza, ma cattivo. Quella di Lucifero, angelo decaduto, è una leggenda nata da una errata traduzione di un passo dell’Antico Testamento. Di fatto Lucifero nella Bibbia non esiste, tant’è vero che nelle prime comunità cristiane il nome Lucifero (che significa “portatore di luce”) era molto diffuso. Addirittura la Chiesa Cattolica nel suo calendario ha un San Lucifero che fu vescovo di Cagliari, nel quarto secolo (370). Quindi, non crediamo che esista questa personificazione del male ma crediamo assolutamente che esista l’energia del male ed è bene non dimenticarlo, non per combatterlo ma portare sempre più il bene. La tenebra svanisce quanto più aumenta la luce e Gesù ci chiede esattamente questo: manifestare la luce che siamo. La figura del diavolo può tornare comoda per diversi aspetti: perché così c’è qualcuno a cui dare la colpa e non siamo noi, e perché giustifica la presenza del male nel mondo, che è una questione scottante per la religione. Sì, perché se il diavolo non esiste e Dio è solamente amore e bontà, allora il male da dove è venuto fuori? Il discorso è estremamente complesso e non si può risolvere in poche parole, ma possiamo dire che questo cammino sulla terra, fra gli altri esseri umani, ci serve a maturare una consapevolezza e una conseguente scelta: chi sono davvero e come voglio agire. Fino a quando non arriviamo alla coscienza del Cristo, cioè che siamo fatti a immagine di Dio e siamo amore, viviamo pensando di dover nutrire e difendere solo la nostra persona/personalità e la personalità, senza l’anima, senza lo spirito, vive di conflitti, di guerre; il suo slogan è “morte tua, vita mia”. È l’egoismo: ego significa io e l’egoismo è la tendenza a pensare solo a sé stessi. Da questa inconsapevolezza e dalle sue conseguenze, nasce il male. |
Domanda: Mi sapete dire cosa significa dare scandalo? In particolare cosa intende Gesù quando dice di non scandalizzare i piccoli? Risposta: Il termine "scandalo" deriva dal greco antico skándalon, che indicava la pietra non ben visibile, quella che affiora dal terreno solo in parte e che fa inciampare. Da qui il significato di "ostacolo", "inciampo". Il termine usato dall’evangelista per “piccoli” è micron e non indica tanto o soltanto i bambini quanto gli ultimi della società, gli invisibili. Gesù ci invita ad essere una pietra che edifica, che costruisce e non una pietra che fa inciampare nel cammino verso il Padre, verso la nostra verità, verso la scoperta della nostra vera identità di figli e figli amati, incondizionatamente e gratuitamente. Ogni volta che con il nostro parlare e con il nostro agire noi trasmettiamo l’immagine di un dio fatto a immagine e somiglianza del mondo, che ti da quello che ti meriti e che castiga o premia, noi stiamo allontanando i figli dal Padre, proprio perché non viene riconosciuto come Padre ma come un qualsiasi re o despota. In questo caso siamo uno scandalo, siamo di inciampo. Invece, ogni volta che il nostro parlare di Dio (in parole e opere) mostra la verità, un Dio esclusivamente buono e pronto sempre a dare vita, anche se agli occhi del mondo non ce lo meritiamo, allora siamo pietre che edificano, che avvicinano i figli al Padre. |
Domanda: Mi spiegate perché si usano personaggi anonimi nei Vangeli? Non sarebbe stato meglio identificare qualcuno per rendere più credibile il Vangelo? Risposta: Nei Vangeli troviamo personaggi che hanno una identità, un nome e personaggi anonimi. I personaggi anonimi sono un messaggio preciso dell’evangelista, un suo modo per dirci: fai attenzione, questo potresti essere tu; non gli do un nome perché potrebbe essere il tuo nome. |
Domanda: Cosa pensate di Medjugorje e come mai la Madonna di Medjugorje chiede ai veggenti e ai fedeli di fare sacrifici e rinunce per la conversione dei peccatori? Risposta: Facciamo un distinguo tra Medjugorje e i veggenti di Medjugorje. Noi crediamo che in quei posti ci sia una grande energia di preghiera, perché da decenni tantissime persone attraversano quei luoghi con fede e preghiera. Non abbiamo difficoltà a credere che realmente la Madonna vi sia apparsa. I dubbi nascono quando nei messaggi si continua a parlare di sacrifici e digiuni per ottenere dei benefici. Ci risulta davvero difficile credere che proprio la madre di Gesù, la sua più grande discepola, contraddica il Maestro. Sì, perchè nei Vangeli, è evidente e incontrovertibile, Gesù non solo non chiede di fare sacrifici e digiuni ma li vieta. Non li fa lui e non li fa fare ai suoi discepoli, perché l’amore del Padre è gratuito e spontaneo, non c’è nulla da pagare. È certamente vero che l’energia del bene e dell’amore hanno la forza di cambiare il mondo, ma il Padre non ha mai chiesto a nessuno, nemmeno a Gesù, di essere “pagato” per la sua generosità. Questo non significa, in automatico, che i veggenti mentano; possono essere assolutamente in buona fede ma ogni profezia, che ovviamente prevede una "traduzione" dal linguaggio dello Spirito a quello materiale, umano, risente della mentalità e del vissuto religioso di chi la riceve e la comunica. |
Domanda: Cosa significa “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete non saranno rimessi”? Risposta: Queste parole sono precedute da altre, molto importanti, senza le quali non sarebbe possibile “rimettere i peccati”: <Pace a voi!> e poi <Ricevete Spirito santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete non saranno rimessi>. Giovanni 20,22-23. Gesù pronuncia questa frase quando si mostra ai suoi discepoli chiusi nel cenacolo, dopo la sua morte. Normalmente si pensa che queste parole di Gesù siano solo per i sacerdoti e sono state interpretate come il fondamento del sacramento della riconciliazione (confessione). In realtà queste parole non sono affatto ad uso esclusivo dei sacerdoti, anzi… Se è vero (e lo è!) che il perdono del Padre è illimitato e incondizionato non si capisce per quale motivo lo avrebbe poi dato da amministrare a qualcuno che può anche decidere di non darlo affatto, perché il sacramento della confessione prevede anche (in alcuni casi particolari) un rifiuto. Queste parole sono per tutti noi, perché la scelta del perdono non è solo a carico di Dio ma di ciascuno di noi. Ogni volta che, con l’aiuto dello Spirito santo, cioè del pieno d’amore del Padre dato a tutti gli esseri umani, riusciamo ad andare oltre il dolore, la rabbia, il rancore, l’odio che ci pervadono il corpo, la mente e il cuore, passiamo dalle tenebre alla luce; passiamo dal tormento alla pace. Quella pace libera chi perdona e, potenzialmente, anche chi è perdonato. Dico “potenzialmente” perché il perdono agisce in chi lo riceve proprio quando…lo riceve, cioè, lo accoglie e quindi inizia in lui/lei una trasformazione. Viceversa, quando si resta nel rancore, nel desiderio di vendetta, restiamo nel tormento e nella tenebra e, paradossalmente, restiamo ancora più legati a chi ci ha fatto del male. |